Design e cultura. Intervista a Marco Zito

Marco Zito 02

cultura

/cul·tù·ra/

1. Quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale; più com., il patrimonio delle cognizioni acquisite tramite lo studio, ai fini di una specifica preparazione in uno o più campi del sapere.

 

Giriamo le fiere, sfogliamo le riviste, scopriamo progetti: ogni giorno subiamo un bombardamento costante di idee, prodotti e concept che mirano sempre a bucare il mercato, a determinare il successo di un’azienda e passare alla storia. A fare la differenza.

Talvolta i progetti celano tecnicismi rivoluzionari incomprensibili, altre volte invece inesistenti, fagocitati da estetiche rumorose ed egocentriche. Ad accomunarli è sempre un elemento, “il design”, che tutto significa e a nulla appartiene.

Nel nostro settore tutti si riempiono la bocca di design, anzi, di “cultura del design” parlandone come fosse un valore aggiunto attribuibile praticamente a ogni occasione, ignorando il fatto che ancora oggi altrettante persone utilizzino la frase “ÈDiDesign” con l’intento opposto, per indicare qualcosa di incomprensibile e talvolta grottesco.

Abbiamo deciso di parlarne con Marco Zito, che affianca la sua attività di product designer a una costante ricerca e attività accademica nel contesto dello IUAV.

Un progetto recente di Marco Zito ha trasformato le murrine in un tessuto

 

  • Per capire il design serve cultura? E per “fare design”, invece?

 

Sicuramente la cultura aiuta la comprensione, ma se il design è anche “democratico”, cioè per tutti, la cultura purtroppo non lo è. Se accettiamo tale principio dovremmo dunque parlare di sensibilità, intuito e intelligenza, necessari anche per “fare” design.

Se precisiamo il termine “cultura” in relazione al fare e progettare il design, invece, la cultura materiale, sia essa industriale, manifatturiera o artigianale è requisito fondamentale per pensare prodotti che si rivolgono ad un pubblico sensibile e intelligente.

 

  • Penso a casi come Ikea e a come abbiano influito sulla società, sul modo di intendere la casa e, appunto, il design. Un cambiamento radicale, uno scossone alla società che illo tempore avvenne grazie al contributo dei grandi maestri: Castiglioni, Le Corbusier, ecc. Stiamo vivendo un’involuzione o in qualche modo un passo avanti? 

 

I grandi maestri hanno attraversato e guidato i momenti salienti della cultura industriale, la crescita tecnologica e l’opportunità di fare ricerca olistica sul prodotto. I princìpi del design erano dettati da bisogni e problemi reali, oggi invece assistiamo ad una frammentazione diffusa dei linguaggi dei processi e del mercato, e nel bene e nel male prevalgono, sui bisogni collettivi, i bisogni individuali. La collettività intelligente esprime affinità, l’individualità differenza…

 

 

  • “Cultura” come insegnamento e apprendimento. C’è un insegnamento particolare legato al mondo del progetto che cerchi di comunicare più di altri ai tuoi studenti?

 

Preciso il concetto di collettività appena espresso. Il valore centrale che cerco di trasmettere ai miei studenti è questo, il progetto è condivisione, scambio di dati, confronto con il mondo reale. Organizzo la classe come un grande studio, dove le diverse competenze generano ricchezza critica nella complessità del progetto, individualità messe a sistema che contribuiscono a costruire un’identità ricca, che supera il concetto di autorialità. Credo che all’interno di questo spazio mentale i talenti emergano.

 

  • “Cultura” come storia, patrimonio artistico e identità di un territorio. Storicamente legato alla laguna, molti dei progetti del tuo studio si intrecciano all’anima di Venezia…

 

È vero, Venezia, la laguna e il suo paesaggio unico sono fonti d’ispirazione continua per molti dei nostri progetti. 

Ci interessa indagare e raccontare nel progetto il rapporto tra l’identità di un territorio, patrimonio produttivo, e le tecnologie e i linguaggi contemporanei. In tal senso, un percorso di ricerca significativo è un progetto recente per Bross, che ha riunito altre due realtà antiche del panorama veneziano: Ercole Moretti Murano e Luigi Bevilacqua, la prima eccellenza nella lavorazione delle murrine, la seconda nella produzione di tessuti pregiati su telai antichi. Il progetto, risultato di un’elaborata fase di studio, ha preso forma in una collezione di sedute rivestite con tessuti ispirati proprio alle murrine. La storia, intesa come sapienza artigianale ed esperienza, si è posta al servizio del design, dando vita a qualcosa di unico, che esprime perfettamente l’essenza magica di Venezia e della sua laguna.

Di Ivan Granolla

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